Diritto

Rinuncia agevolata dei giudizi tributari pendenti in cassazione


La legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di Bilancio 2023), ha introdotto una serie di misure volte a supportare le imprese e, in generale, i contribuenti nell’attuale situazione di crisi economica dovuta agli effetti residui dell’emergenza pandemica e all’aumento dei prezzi dei prodotti energetici.

Tra queste, l’art. 1, commi da 213 a 218, della legge n. 197/2022, consente di estinguere le controversie in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, aventi a oggetto atti di natura impositiva, pendenti innanzi alla Corte di Cassazione al 1° gennaio 2023, e, quindi, della stessa misura definitoria.

 

Premessa – La previsione della legge di Bilancio 2023

In estrema sistesi, l’istituto disciplinato dall’art. 1, commi da 213 a 218, della legge n. 197/2022, introduce e disciplina la c.d. rinuncia agevolata, la quale consente di estinguere le controversie in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, aventi a oggetto atti di natura impositiva, pendenti innanzi alla Corte di Cassazione al 1° gennaio 2023, data di entrata in vigore della legge di Bilancio 2023 e, quindi, della stessa misura definitoria. Il beneficio della rinuncia agevolata è rappresentato dalla riduzione delle sanzioni a un diciottesimo del minimo previsto dalla legge, oltre il pagamento delle somme dovute per le imposte, gli interessi e gli accessori.

La rinuncia avviene mediante definizione transattiva con la controparte di tutte le pretese azionate in giudizio.

Con la rinuncia agevolata si dispone il pagamento delle somme dovute per le imposte, gli interessi e gli accessori, ma con sanzioni ridotte ad un diciottesimo del minimo previsto dalla legge.

In alternativa alla definizione di cui all’art. 1, ai commi 213-218, qui in esame, resta ferma la definizione prevista dai commi da 186 a 205, la quale consente di definire le controversie, attribuite alla giurisdizione tributaria, in cui è parte l’Agenzia delle Entrate ovvero l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, pendenti - alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2023, ossia al 1° gennaio 2023 - in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e quello instaurato a seguito di rinvio, attraverso il pagamento di un determinato importo correlato al valore della controversia e differenziato in relazione allo stato e al grado in cui pende il giudizio da definire.

Ricapitolando, condizioni per la rinuncia agevolata per le controversie tributarie pendenti al 1° gennaio 2023, sono: 

- innanzi alla Corte di Cassazione;

- in cui sia parte l’Agenzia delle entrate;

- aventi ad oggetto atti impositivi (avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione);

La definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di Cassazione

A sua volta, resta ferma, in alternativa alla definizione prevista dai commi da 186 a 205, la definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di Cassazione di cui all’art. 5 della legge 31 agosto 2022, n. 130 (termine ultimo di definizione scaduto il 16 gennaio 2023).

Il citato art. 5 della legge n. 130 del 2022, disciplina la definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di Cassazione alla data del 16 settembre 2022 (come meglio chiarito dal successivo provvedimento attuativo del direttore dell'Agenzia delle Entrate 16 settembre 2022, n. 356446).

A sensi del combinato disposto dei commi 2 e 8 dell’art. 5 della legge n. 130/2020, nell'ipotesi di controversia ''autonoma'' (come recita il comma 8) di valore non superiore a 50.000 euro, pendente innanzi alla Corte di Cassazione alla data del 16 settembre 2022, ne è ammessa la definizione agevolata con il pagamento di un importo pari al 20% del predetto valore, solo in caso di soccombenza dell'Agenzia delle Entrate, totale o parziale, in uno dei precedenti gradi di merito.

Con riferimento al concetto di ''controversia autonoma'', anche in ragione di quanto precisato dal Provvedimento attuativo n. 356446 del 2022, laddove sostiene che «La soccombenza va valutata in relazione al singolo atto impugnato. In caso di totale soccombenza del contribuente in entrambi i gradi di giudizio non è prevista la possibilità di definizione», restano valide – specifica l’Agenzia Entrate nella Risposta all’interpello 9 febbraio 2023, n. 210 – le indicazioni fornite dalla Circolare 1 aprile 2019, n. 6/E a commento della definizione agevolata delle controversie tributarie, contemplata dall'art. 6 del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136.

Ne segue che, qualora con il medesimo ricorso introduttivo del giudizio siano stati impugnati più atti, il ricorrente è tenuto a presentare una distinta domanda per ciascun atto; ciascuna controversia autonoma deve essere integralmente definita, nel senso che non sono ammesse definizioni parziali dei singoli atti impugnati.

È, inoltre, irrilevante l'eventuale riunione di più giudizi, posto che di regola in questo caso va presentata una distinta domanda per ciascun atto impugnato.

Ciò comporta fra l'altro che è ammissibile la definizione parziale delle controversie
introdotte con ricorso cumulativo oppure oggetto di riunione da parte del giudice; in tal caso la definizione comporta l'estinzione solo ''parziale'' del giudizio, che prosegue per la parte non oggetto di definizione.

Disciplina specifica della rinuncia agevolata ai ricorsi pendenti in Cassazione

La procedura della rinuncia agevolata ai ricorsi pendenti in Cassazione di cui all’art. 1, ai commi 213-218, della legge n. 197/2022, in commento, non è a regime e la rinuncia può essere esperita entro il 30 giugno 2023.

Condizione preliminare per l’esercizio della rinuncia da parte del ricorrente principale o incidentale è la definizione di un accordo tra l’Agenzia delle entrate e il contribuente su tutte le pretese azionate in giudizio, con conseguente abbattimento delle sanzioni.

Sostanziamente, quindi, condizione imprescindibile per esercitare la rinuncia al ricorso è il raggiungimento di un accordo con la controparte (ossia, con l’Agenzia delle entrate) su tutte le pretese azionate in giudizio, cioè sull’intera materia del contendere. A seguito della sottoscrizione dell’accordo, occorre provvedere al pagamento delle somme dovute per le imposte, gli interessi e gli eventuali accessori, mentre per le sanzioni si fruisce della riduzione a un diciottesimo del minimo previsto dalla legge.

In ogni caso, a seguito della rinuncia agevolata, non sono rimborsabili le somme eventualmente già versate, anche qualora le stesse eccedano l’ammontare dovuto per la definizione transattiva.

Nello specifico, il comma 213 introduce una particolare ipotesi di rinuncia al ricorso per Cassazione, principale o incidentale, a seguito di definizione in via transattiva fra le parti di tutte le pretese azionate in giudizio, con conseguente applicazione delle sanzioni in misura ridotta, e i successivi commi, da 214 a 218, ne delineano la disciplina.

Trattasi delle controverie pendenti innanzi alla Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 62 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.

Il richiamato art. 62 del D.Lgs. n. 546 del 1992 consente di proporre ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado. Inoltre, ai sensi del comma 2-bis dell’art. 62, sull'accordo delle parti la sentenza della corte di giustizia tributaria di primo grado può essere impugnata con ricorso per Cassazione a norma dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Al ricorso per Cassazione ed al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili. 

Il comma 214 prevede che la definizione transattiva comporti il pagamento delle somme dovute per le imposte, le sanzioni ridotte ad un diciottesimo del minimo previsto dalla legge, gli interessi e gli eventuali accessori. 

Perfezionamento della definizione

Il perfezionamento della procedura è sancito dalla sottoscrizione dell’accordo tra le parti e dal versamento integrale entro i successivi venti giorni, in un’unica soluzione, di quanto dovuto a titolo di imposte, sanzioni ridotte, interessi ed eventuali accessori (comma 215).
Effetto naturale della definizione in via transattiva è il beneficio della riduzione delle sanzioni a un diciottesimo del minimo previsto dalla legge.

È esclusa la possibilità di avvalersi della compensazione con modello F24 prevista dall’art. 17 del D.Lgs. 9 giugno 1997, n. 241, e la rinuncia non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate, ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione (comma 216). 

Ai sensi del comma 217, alla rinuncia agevolata del ricorso per Cassazione si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’art. 390 cod. proc. civ. Tale disposizione, nella formulazione applicabile fino al 30 giugno 2023, permette alla parte di rinunciare al ricorso principale o incidentale finché non sia cominciata la relazione all’udienza o sino alla data dell’adunanza camerale, o finché non siano notificate le conclusioni scritte del pubblico ministero. La rinuncia deve farsi con atto sottoscritto dalla parte e dal suo avvocato o anche da questo solo se è munito di mandato speciale a tale effetto. L’atto di rinuncia è notificato alle parti costituite o comunicato agli avvocati delle stesse, che vi appongono il visto. 

Riassumendo, a seguito di accordo con la controparte sull’intera materia del contendere, perfezionatosi nelle modalità sopra delineatela parte che ha proposto il ricorso principale o incidentale per cassazione formalizza, entro il 30 giugno 2023, la rinuncia al ricorso secondo le disposizioni di cui all’articolo 390 c.p.c, in quanto compatibili.

Esclusioni dalla definizione

Il comma 218 esclude dalla rinuncia agevolata le controversie concernenti, anche solo in parte:

- le risorse proprie tradizionali UE (previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, 2014/335/ UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio del 14 dicembre 2020), e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;

- le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato (ai sensi dell’articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015).

Anche in questo caso, dunque, la disposizione non non trova spazio per le controversie concernenti il recupero di crediti tributari sorti in uno Stato estero, in applicazione della direttiva 2010/24/UE o degli accordi o convenzioni bilaterali o multilaterali ratificati dall’Italia che prevedono assistenza reciproca alla riscossione, in quanto trattasi di tributi amministrati da un altro Stato, rispetto ai quali l’Agenzia delle Entrate non è ente creditore.

Per espressa previsione normativa sono inoltre escluse dalla procedura in esame le controversie concernenti, anche solo in parte, le risorse proprie tradizionali dell’Unione europea, l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione e le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato