Credito di imposta energia e gas: compensazione con acconti Ires su base previsionale
Il credito d’imposta energia e gas, riconosciuto all’art. 6 del D.L. 115/2022, relativo al terzo trimestre 2022 può essere utilizzato in compensazione per il pagamento degli acconti dovuti per l’imposta sul reddito delle società calcolati con il metodo previsionale - in luogo del metodo storico – ma in nessun caso il versamento dell’acconto, qualora eccedente rispetto a quanto effettivamente dovuto, potrà consentire il rimborso della relativa imposta o un effetto trascinamento tale per cui il credito utilizzato in compensazione venga utilizzato dopo il 30 giugno 2023.
A chiarirlo è l’Agenzia delle Entrate con la risposta ad Interpello n. 8 del 10 gennaio 2023.
Nel caso specifico, l’Istante - in qualità di consolidante - aderisce al regime di tassazione del consolidato fiscale nazionale con altre società: una di queste, sta maturando sul terzo trimestre dell'esercizio 2022 un credito d'imposta riconosciuto a favore delle imprese energivore. Nell'impossibilità della compensazione, tale credito verrà ceduto alla società istante, seguendo le procedure di cui al Provvedimento prot. n.253445/2022.
Per sfruttare il credito d’imposta, la società consolidante prevede di versare anticipatamente l’imposta ires che è stata calcolata su base previsionale ed è risultata maggiore rispetto a quanto dovuto con il metodo storico.
L’articolo 6 del Decreto Legge n. 115/2022 prevede che:
- il credito può essere utilizzato solo in compensazione
- il credito non sconta i limiti quantitativi delle ordinarie compensazioni ex art. 17 del D.Lgs. 241/1997 (può eccedere – per ipotesi - i due milioni di euro previsti dall'art. 34, c. 1, della L. 388/2000).
- per l'utilizzo del credito, dopo il 16 marzo 2023, è richiesta una comunicazione all'Agenzia delle entrate del quantum del credito stesso, maturato nel 2022;
In nessun caso, ove non utilizzato entro il 30 giugno 2023, il credito può dare luogo a rimborso, sia diretto (ossia del residuo non speso), sia indiretto (ovvero del versamento d'imposta, risultato poi eccedente rispetto al dovuto, effettuato tramite utilizzo in compensazione del credito stesso).
Per quanto riguarda il metodo di calcolo dell’acconto, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che: “In linea generale, il calcolo dell'acconto è effettuato sulla base dell'imposta dovuta per l'anno precedente, al netto di detrazioni, crediti d'imposta e ritenute d'acconto risultanti dalla relativa dichiarazione dei redditi (''metodo ''storico''). In alternativa, coloro che, per l'anno in corso, presumono di avere un risultato economico inferiore rispetto all'anno precedente possono ricorrere al metodo ''previsionale''. In tal caso il calcolo viene effettuato sulla base dell'imposta presumibilmente dovuta per l'anno in corso, considerando, quindi, i redditi che il contribuente ipotizza di realizzare, nonché gli oneri deducibili e detraibili che dovrebbero essere sostenuti, i crediti d'imposta e le ritenute d'acconto. Questa scelta può comportare la riduzione o il non pagamento dell'acconto, ma, al contempo, espone il contribuente alrischio di effettuare i versamenti in acconto in misura inferiore rispetto a quanto realmente dovuto e l'eventuale successiva applicazione di sanzioni e interessi sulla differenza non versata.”
Tuttavia, non vi è alcuna preclusione legislativa al versamento dell'acconto calcolato con il metodo previsionale, laddove il relativo ammontare superi quanto sarebbe dovuto utilizzando il metodo storico. Dunque, non ci sono criticità circa la legittimità dell’utilizzo del credito da parte della società consolidante.