Lavoro

Classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali, indicazioni INPS


Con la Circolare 28 luglio 2021, n. 113, l’INPS fornisce nuove indicazioni amministrative riguardo alla classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali, prendendo atto del  nuovo orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione, in applicazione del disposto di cui all’art. 3, comma 8, della legge n. 335/1995.

 

La normativa e la giurisprudenza

In base all’art. 3, comma 8, della legge n. 335 del 1995, i provvedimenti adottati d’ufficio dall’INPS di variazione della classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali, con il conseguente trasferimento nel settore economico corrispondente alla effettiva attività svolta, producono effetti dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento di variazione, con esclusione dei casi in cui l’inquadramento iniziale sia stato determinato da inesatte dichiarazioni del datore di lavoro. In caso di variazione disposta a seguito di richiesta dell’azienda, gli effetti del provvedimento decorrono dal periodo di paga in corso alla data della richiesta stessa. Le variazioni di inquadramento adottate con provvedimenti aventi efficacia generale riguardanti intere categorie di datori di lavoro producono effetti, nel rispetto del principio della non retroattività, dalla data fissata dall’INPS.

La disposizione normativa di cui sopra è stata, tuttavia, oggetto di un’interpretazione giurisprudenziale non univoca. Infatti, con sentenza n. 13383/2008, la Corte di Cassazione, accogliendo la tesi difensiva dell’INPS e mutando un precedente indirizzo (v. sentenza n. 4521/2006), ha stabilito il principio in base al quale in materia di classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali e ai fini dell’applicabilità dell’art. 3, comma 8, della legge n. 335/1995, l’omessa comunicazione dei mutamenti intervenuti nell’attività svolta dall’azienda, la quale, per effetto delle scelte operate dall’imprenditore, assume caratteristiche tali da comportare una diversa classificazione ai fini previdenziali, è da equiparare all’ipotesi delle dichiarazioni inesatte, giacché, alla stregua della comune “ratio” di assicurare la corrispondenza della classificazione, a fini previdenziali, all’effettiva attività dei datori di lavoro, anche in caso di omessa comunicazione si realizza, sia pure in un momento successivo, una discrasia tra l’effettività della situazione e le dichiarazioni sulle quali la classificazione iniziale era fondata.

Secondo tale pronuncia, la deroga della retroattività degli effetti della variazione in discorso,  può avere luogo, quindi, sia in caso di inesatte dichiarazioni sia di omessa comunicazione ad opera del datore di lavoro.

La Suprema Corte ha però mutato nuovamente orientamento con la sentenza n. 14257/2019 (e, da ultimo, con la sentenza n. 5541/2021), laddove si afferma, tra l’altro, il principio secondo cui, in tema di classificazione dei datori di lavoro a fini previdenziali, i provvedimenti di variazione adottati dall'INPS, d'ufficio o su richiesta dell'azienda, non hanno efficacia retroattiva e producono i loro effetti dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento di variazione, con esclusione dei casi in cui l'inquadramento iniziale sia stato determinato da inesatte dichiarazioni del datore di lavoro, nei quali non è tuttavia compresa l'ipotesi di omessa comunicazione dei mutamenti intervenuti nell'attività.

 

La Circolare INPS n. 113/2021

Con la Circolare n. 113/2021, l'INPS ha quindi chiarito che, a seguito del mutato orientamento giurisprudenziale, la variazione di classificazione dei datori di lavoro, con il conseguente trasferimento nel settore economico corrispondente all'effettiva attività svolta, potrà avvenire con effetto retroattivo soltanto in caso di inesatte dichiarazioni del datore di lavoro rese al momento dell'iniziale inquadramento (art. 3, comma 8, legge n. 335/1995).

Di conseguenza:

- ai fini della variazione di classificazione dei datori di lavoro, i provvedimenti dell'INPS successivi alla data del 24 maggio 2019, dovranno basarsi sul presupposto che l'omessa comunicazione del datore di lavoro circa i mutamenti dell'attività svolta non potrà essere più equiparata all'inesatta dichiarazione (per cui non potrà più rilevare ai fini dell'adozione di un provvedimento di variazione di classificazione con efficacia retroattiva);

- la retroattività degli effetti della variazione di classificazione, verrà ad esistenza soltanto in caso di inesatte dichiarazioni del datore di lavoro rese esclusivamente in fase di iniziale inquadramento.

Le istruzioni circa il contenzioso in essere nella materia saranno fornite dall'INPS con un successivo messaggio.