Lavoro

Smart working e buoni pasto


La Fondazioni studi Consulenti del Lavoro ha pubblicato un approffondimento in cui ha analizzato la questione “smart working e buoni pasto” da un punto di vista civilistico e fiscale.

E’ innegabile che con il diffondersi della pandemia da Covid 19 la modalita’ di lavoro agile, introdotto nel nostro ordinamento dalla legge n. 81 del 22 maggio 2017, ha registrato una diffusione senza precedenti .Il legislatore emergenziale ha utilizzato tale prestazione quale principale strumento per consentire il lavoro da qualsiasi abitazione: il D.P.C.M del 1° marzo 2020, all’art. 4 c. 1 lett. a) prevedeva come tale modalità lavorativa potesse essere applicata per la durata dello stato d’emergenza dai datori di lavoro ad ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi della L. n. 81/2017 anche in assenza degli accordi individuali richiesti dalla norma stessa.

Sara’ poi il decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020) che istituzionalizzera’, all’articolo 90 comma 3, le modalità semplificate del lavoro agile emergenziale, legandone l’applicabilità proprio allo stato di emergenza. Problema: l’assenza di  accordi individuali e di regolamenti aziendali volti a disciplinarne l’utilizzo ha spesso portato ad una deregolazione di questo istituto come:

·         la dotazione della strumentazione di lavoro;

·          l’orario di lavoro;

·          l’applicabilità delle maggiorazioni per lavoro straordinario;

·         l’applicabilita’ dei buoni pasto

E’ importante ricordare che si inseriscono nelle forme di retribuzioni in natura (c.d. fringe benefit), i buoni pasto. I c.d i ticket restaurant trovano un’indiretta definizione nel nostro ordinamento e specificatamente  all’art. 144 c. 3 del D.Lgs. n. 50/2016, dove l’emissione di buoni pasto viene definita quale “attività finalizzata a rendere per il tramite di esercizi convenzionati il servizio sostitutivo di mensa aziendale”. A inquadrare più correttamente la derivazione civilistica dei buoni pasto nel nostro ordinamento è intervenuta più volte la giurisprudenza ribadendo un principio sintetizzato in tempi recenti anche dalla Corte di Cassazione, 2020. Secondo la Cassazione, sez. Civile n. 16135 del 28 luglio, la natura dei buoni pasto non li configura come elemento della retribuzione “normale”, bensì alla stregua di un’agevolazione di carattere assistenziale collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale, pertanto al di fuori del trattamento retributivo in senso stretto.

Pertanto, ai dipendenti che, lavorando nella sede aziendale, guadagnavano il diritto al buono pasto spetta anche in regime di lavoro agile tale diritto? L’interrogativo, secondo la Fondazione, va risolto prestando attenzione alla fonte del benefit del buono pasto, evitando di cedere alla tentazione di deregolazione sempre più duratura che la legislazione emergenziale ha consentito per il lavoro agile. Nel caso di contratti collettivi che prevedano l’erogazione del buono pasto dovranno essere ricercate le condizioni e i presupposti per il relativo godimento.

Il costo sostenuto per l’acquisto dei ticket restaurant è integralmente deducibile per il datore di lavoro. L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 6/E del 2009, ha comunicato che i costi sostenuti dal datore di lavoro per l’acquisto di buoni pasto o per la gestione diretta o da parte di terzi di un servizio di mensa aziendale non sono soggetti al limite di deducibilità del 75% previsto dall'articolo 109, comma 5 del TUIR e sono deducibili anche ai fini IRAP .

In ogni caso, i buoni pasto riconosciuti ai lavoratori agili non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendenti.