Irrinunciabilita’ del diritto alle ferie. La risposta della Cassazione
Fatti in causa
La Corte d'appello di Roma aveva riformato la sentenza di primo grado, affermando che l’AUSL RM (datore di lavoro) non aveva provato o dimostrato che il dirigente medico, lavoratore, fosse effettivamente stato messo nelle condizioni di fruire delle ferie annuali retributive annuali alle quali aveva diritto, avvisandolo, ad esempio, per tempo che le avrebbe perdute se non le avesse fruite.
Il datore di lavoro impugnava la sentenza della Corte territoriale e ricorreva in Cassazione.
Considerato che:
L’art. 21, co. 8, CCNL disciplina che. «Le ferie sono un diritto irrinunciabile e non sono monetizzabili, salvo quanto previsto nel comma 13. Esse sono fruite, anche frazionatamente, nel corso di ciascun anno solare in periodi programmati dallo stesso dirigente nel rispetto dell’assetto organizzativo dell’azienda o ente; in relazione alle esigenze connesse all’incarico affidato alla sua responsabilità, al dirigente è consentito, di norma, il godimento di almeno 15 giorni consecutivi di ferie nel periodo da 1 giugno al 30 settembre» in poche parole il datore di lavoro avrebbe dovuto sollecitare il lavoratore alla fruzione delle ferie.
La Suprema Corte ha confermato il diritto all’irrunciabilita’ alle ferie garantito dall'art. 36 Cost. e dall'art. 7 della direttiva 2003/88/CE. La Cassazione ha quindi ripreso i principi di diritto nazionali ed europei riconoscendo anche che ogni incentivo datoriale rivolto ai lavoratori per indurli a rinunciare alle ferie deve considerarsi in violazione con il principio di irrinunciabilità delle ferie e con il diritto del lavoratore a vedersi garantito il beneficio di un riposo effettivo
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5500,00 (cinquemilacinquecento/00) per compensi professionali, oltre spese forfetarie nella misura del 15% e accessori come per legge.