Fisco

Prova ampia per la cessione intracomunitaria di beni con la clausola EXW


Nell’ambito di una cessione intracomunitaria in triangolazione, se il documento di trasporto in possesso del cedente è privo della firma del destinatario finale dei beni, ai fini della prova dell’avvenuto arrivo dei beni nel Paese membro di destinazione, è opportuno raccogliere la documentazione bancaria attestante le somme riscosse in relazione alla cessione, la dichiarazione di ricezione dei beni da parte del cessionario finale, la documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti e gli elenchi INTRASTAT.

è quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello n. 632 del 29 dicembre 2020, avente per oggetto il trattamento applicabile, ai fini dell’IVA, ad una cessione intracomunitaria in triangolazione nel caso specifico in cui l’operatore nazionale sia il cedente dei beni trasportati, dal proprio cessionario di altro Paese membro, al cliente finale di quest’ultimo, identificato in un diverso Paese UE.

Considerando che la fattispecie in esame riguarda operazioni effettuate nel 2019, alla stessa non si applicano le disposizioni della Direttiva n. 2018/1910/UE, non ancora recepita dall’Italia, né in linea generale quelle del Regolamento n. 2018/1912/UE, in vigore dal 1° gennaio 2020, salvo quanto di seguito riportato.

La cessione effettuata dal cedente italiano beneficia del regime di non imponibilità di cui all’art. 41 del D.L. n. 331/1993, anche se la spedizione o il trasporto dei beni è effettuata dal cessionario o da un terzo per suo conto, purché il trasferimento fisico dei beni dall’Italia al Paese membro del cessionario finale sia dimostrato dal cedente tramite un complesso di documenti relativi all’operazione tra loro coerenti, dai quali sia possibile desumere l’avvenuta movimentazione intracomunitaria dei beni.

A quest’ultimo riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha confermato che, qualora il cedente nazionale non abbia provveduto direttamente al trasporto dei beni e non sia in grado di esibire il documento di trasporto firmato dal cessionario finale, la prova in esame può essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che i beni sono stati inviati in altro Paese membro, quale ad esempio il documento di trasporto elettronico, avente il medesimo contenuto di quello cartaceo, oppure un insieme di documenti dai quali si possano ricavare le medesime informazioni presenti nello stesso e le firme dei soggetti coinvolti (cedente, vettore, e cessionario). Tale documentazione può essere acquisita anche in un momento successivo all’effettuazione operazione, ma resta necessario reperirla senza indugio non appena la prassi commerciale lo renda possibile per poterla poi prontamente esibire in sede di un eventuale controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Nel caso di specie, siccome il documento di trasporto in possesso del cedente italiano è privo della firma del destinatario finale dei beni, l’Agenzia ha precisato che è opportuno raccogliere la documentazione bancaria attestante le somme riscosse in relazione alla cessione, la dichiarazione di ricezione dei beni da parte del cliente finale, la documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti e gli elenchi INTRASTAT.

Come già specificato dalla circolare n. 12 del 12 maggio 2020, le presunzioni relative, previste dall’art. 45-bis del Regolamento di esecuzione n. 2011/282/UE in merito alla prova del trasporto dei beni, sono applicabili anche in relazione alle operazioni realizzate anteriormente al 1° gennaio 2020 qualora il contribuente possieda un corredo documentale integralmente coincidente con le indicazioni della norma richiamata.

In altri termini, anche precedentemente al 1° gennaio 2020, in presenza della documentazione di prova ritenuta idonea ai sensi del citato art. 45-bis, la stessa è ammessa per provare l’avvenuto arrivo dei beni nel Paese membro di destinazione, in alternativa ai mezzi di prova già indicati dall’Amministrazione finanziaria, che restano validi anche dopo il 1° gennaio 2020.