No detrazione dell’IVA per le prestazioni a titolo gratuito
Con la sentenza n. 16778/2017 la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso delle Entrate in un caso in cui una società aveva emesso fattura a società concessionarie di spazi pubblicitari, definendo l’operazione quale “premio impegnativa” e assoggettandola ad IVA. Le concessionarie procedevano, pertanto, alla detrazione dell’imposta. L’Agenzia delle Entrate, a seguito di accertamento, ridefiniva tali premi impegnativa come cessioni di denaro a titolo gratuito e quindi non soggette ad Iva, ricalcolando il reddito dichiarato dalle concessionarie e irrogando la relativa sanzione.
I giudici tributari di prime cure e quelli d’appello recepivano le ragioni delle contribuenti, ma la Cassazione, al contrario, con la decisione n. 16778 ha accolto il ricorso delle Entrate, in quanto ha spiegato che qualsiasi operazione, indipendentemente dal nomen attribuitole dalle parti, non costituisce presupposto per la detrazione dell’imposta se manca dei requisiti di onerosità e corrispettività. Spetta al soggetto acquirente dei beni o al committente di prestazioni di servizi, affermano i giudici di legittimità, provare l’esistenza dei presupposti per procedere legittimamente alla detrazione dell’imposta, ovvero provare l’esistenza della propria soggettività passiva, la circostanza che i beni o i servizi siano utilizzati a valle ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta e che, a monte, detti beni siano ceduti o che tali servizi siano forniti da un altro soggetto passivo.
La prospettiva della «realtà economica e commerciale» induce secondo i giudici ad aver riguardo precipuo all’operazione, ma comporta comunque la necessità dell'esistenza del nesso corrispettivo tra prestazione e compenso; mancando la prova di tale corrispettività (come era nel caso di specie) manca il requisito fondamentale per assoggettare l’operazione ad Iva e successivamente poterla detrarre. In questa prospettiva, la forza qualificante dell’operazione come prestazione di servizi o cessione di beni spetta alla correlatività dello scambio e quindi al suo sinallagma.
Nel caso di specie, l’ufficio aveva riconosciuto l'operatività del principio di libertà della forma negli accordi tra le parti, ma aveva sostenuto che non sussistesse prova alcuna di pattuizioni, qualunque forma esse avessero rivestito, che collegassero la corresponsione dei premi d'incentivazione alla prestazione di servizi imponibili. La detrazione dell’Iva, pertanto, per la Cassazione risulta illegittima.