Nuova impresa sociale. Entra in vigore il decreto collegato alla riforma del Terzo settore
Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 167 del 19 luglio 2017 entra in vigore il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112 in materia di impresa sociale, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, lettera c) della legge 6 giugno 2016, n. 106 (Riforma del Terzo Settore).
Il decreto legislativo è stato approvato lo scorso 28 giugno dal Consiglio dei ministri e contiene innanzitutto la nuova definizione di impresa sociale. Secondo l’articolo 1 si definiscono imprese sociali «tutti gli enti privati che esercitano in via stabile e principale un'attività d'impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività». Anche le cooperative sociali e i loro consorzi rientrano di diritto nella definizione di impresa sociale, le nuove norme si applicano a tali enti, ferma restando la normativa specifica di settore ed in quanto con essa compatibili. L’art. 2 del decreto contiene l’elenco delle attività d’impresa considerate di interesse generale, tra cui rientrano interventi e servizi sociali, prestazioni socio sanitarie, educazione e formazione professionale, interventi e servizi per la valorizzazione del territorio, attività di educazione e informazione, di promozione, di rappresentanza, di concessione in licenza di marchi di certificazione, svolte nell'ambito o a favore di filiere del commercio equo e solidale, accoglienza umanitaria.
Secondo la norma, gli utili e gli avanzi di gestione devono essere destinati allo svolgimento dell’attività statutaria o di incremento del patrimonio; è vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominati, a fondatori, soci o associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali. Sono vietati i compensi individuali non proporzionati all’attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque i compensi superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni. E’ vietata, perché considerata distribuzione indiretta di utili, la corresponsione ai lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del quaranta per cento rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale.
Per evitare situazioni di conflitto di interessi è altresì preclusa la cessione di beni o la prestazione di servizi a prezzi più vantaggiosi di quelli di mercato in favore dei soggetti componenti l’impresa, né dei finanziatori o loro parenti.
L’impresa sociale però può destinare una quota inferiore al 50% degli utili e degli avanzi di gestione annuali, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti all’aumento gratuito di capitale sottoscritto e versato dai soci oppure alla distribuzione, anche mediante aumento gratuito del capitale sociale o l'emissione di strumenti finanziari, di dividendi ai soci, in misura comunque non superiore all'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato. Inoltre, sono concesse erogazioni gratuite in favore di enti del Terzo settore diversi dalle imprese sociali, finalizzate alla promozione di specifici progetti di utilità sociale.
Le nuove regole prevedono anche agevolazioni fiscali fino al 30% dell’investimento in favore di coloro che hanno interesse a finanziare un’impresa sociale.