Circolare 11/E - La finalità della norma sulla "patent box" (PARTE 1)


Il 7 aprile 2016, a seguito di nuovi quesiti posti dalle Associazioni di categoria e professionisti, l'Agenzia delle Entrate ha pubblicato sul proprio sito la Circolare 11/E con l'annesso comunicato stampa. A tal proposito, L'Agenzia ha chiarito la finalità normativa che ha indotto da parte del legislatore la creazione dell'agevolazione fiscale "patent box".

Già dal 2010 la Commissione Europea, mediante un programma denominato "Strategia 2020", aveva indicato la necessità di incrementare gli obiettivi di crescita europea attraverso investimenti in spesa di ricerca e sviluppo, grazie alla crescente globalizzazione economica mondiale che ha dato sempre maggiore accentramento al ruolo dei beni immateriali intesi come creazione di valore aggiunto, inteso in Europa, in termini più concreti, come crescita economica (sia a livello di P.I.L. sia a livello occupazionale) in un contesto di forte crisi generalizzata. 

A fronte di ciò è, di conseguenza, anche aumentata la circolazione di tali beni fra gli Stati membri e tale fenomeno ha portato l'Europa a ripensare le misure fiscali volte ad agevolare questi transiti e a dismettere gli interventi di pianificazione fiscale aggressiva che hanno portato ad un impoverimento generale. A tal fine l'intervento dell'OCSE ha generato un documento che prevede 15 "Actions",  volte a contrastare
la diffusione e gli effetti distorsivi provocati dalle pratiche fiscali dannose, denominato "BEPS" (“Action Plan on Base Erosion and Profit Shifting”).

In particolare, la "Action 5", riprendendo e aggiornando alcune tematiche già trattate dall'OCSE nel 1988 ("Harmful Tax Competition: An Emerging Global Issue"), prevede lo scambio di informazioni fra le Amministrazioni fiscali degli Stati aderenti e la necessità che i regimi preferenziali adottati dagli Stati siano correlati allo svolgimento di attività sostanziali da parte delle imprese beneficiarie.

Al fine, pertanto, di incentivare la collocazione dei beni immateriali in Italia da parte delle imprese italiane o estere, il mantenimento degli stessi in Italia e l'investimento in attività di ricerca e sviluppo, il nostro legislatore ha introdotto il regime "patent box". In tal senso, inoltre, hanno legiferato alcuni degli altri Stati membri aderenti all'OCSE, generando normative difformi che hanno prodotto, però, delle distorsioni fiscali dannose in quanto le regole, i benefici, e persino le aliquote, erano personalizzati e non conformi alla prescrizione della suddetta "Action 5". A fronte di ciò, pertanto, l'OCSE ha stabilito di non consentire, dopo il 30 giugno 2016, nuove ammissioni che possano beneficiare di regimi di "patent box" basati su regole e contenuti difformi da quelli indicati nella "Action 5".

La conseguenza pratica del contesto appena illustrato fa sì che le questioni interpretative prospettate al fine dell'applicazione della "patent box" italiana dovranno far riferimento ai principi OCSE appena richiamati e successive versioni, a meno che la normativa italiana non preveda diversamente.