Economia

Esportazioni extra Ue: la nuova sfida per le Pmi


Flessione a febbraio per le esportazioni italiane verso i Paesi extra-europei, con una significativa diminuzione rispetto a gennaio (-5,7%) che va di pari passo con il calo, anche se meno marcato, delle importazioni (-3,4%). È quanto emerge dalla stima preliminare dell'Istat per il secondo mese del 2013. La diminuzione congiunturale dell’export è diffusa a tutti i principali raggruppamenti di beni, ad esclusione dell’energia (+23,4%). Dal lato dell’import la flessione interessa tutti i principali comparti, a eccezione dei beni di consumo durevoli (+0,6%). La riduzione è particolarmente marcata per i beni strumentali (-9,1%).

Un dato negativo che si inserisce in un contesto tendenzialmente positivo, anche se non si tratta ancora di grandi percentuali: negli ultimi tre mesi la dinamica congiunturale delle esportazioni resta positiva (+0,9%) e rispetto a febbraio del 2012, nell'ultimo mese la crescita è pari al 2,1% e coinvolge tutti le categorie principali, con l'eccezione dei prodotti intermedi, che registrano -3,8%.

Nel periodo gennaio – febbraio 2013 le nostre esportazioni, aumentate complessivamente del 9,1%, hanno realizzato tassi di crescita particolarmente significativi nel Nord Africa (+31,7%), in Medio oriente (+11,4%) e in America settentrionale (+9,9%).

 

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Fig. 1 - FLUSSI COMMERCIALI CON I PAESI EXTRA UE
Febbraio 2012-febbraio 2013, dati
grezzi,
variazioni percentuali tendenziali e valori in milioni di euro

(Fonte Istat)

 

 

“Dal 2008 a oggi l'andamento dell'export diretto ai mercati extraeuropei è sempre stato in crescita – commenta Giampaolo Vitali, ricercatore Ceris-Cnr – segnale della crescente attenzione, soprattutto delle piccole e medie imprese, al di là dei confini europei e al di là della crisi che invece coinvolge area Euro e Stati Uniti. Alla scarsa domanda del mercato interno europeo e al consolidamento di quella del mercato statunitense, dove la crisi è arrivata prima ma dove tradizionalmente dalla congiuntura economica si esce anche più rapidamente, per una maggiore flessibilità del mercato del lavoro e di quello delle imprese, le aziende italiane reagiscono lanciandosi sui nuovi mercati. Qui le difficoltà sono la distanza fisica, che rende complicate le esportazioni, e le differenze amministrativo-burocratiche. Quest'ultimo fattore rende indispensabile, al momento, per le imprese italiane, affidarsi a trading companies e intemediari che, se da un lato diminuiscono i margini di guadagno, dall'altro consentono però una diffusione che difficilmente le pmi possono ottenere autonomamente, almeno in questa fase di prima penetrazione sui quei mercati. Fase che si potrà superare quando le imprese raggiungeranno un sufficiente accumulo di competenze”.