La Circolare 12/E riepiloga la disciplina dei depositi IVA
L’Agenzia delle entrate con la Circolare 12/E/2015 fornisce una panoramica sulla disciplina dei depositi IVA, di cui all’articolo 50 bis del DL 331/1993, passando in rassegna diversi aspetti operativi della gestione degli stessi: in particolare vengono analizzate le operazioni agevolate, i soggetti abilitati alla gestione dei depositi e le modalità di estrazione dei beni dal deposito IVA.
I depositi IVA sono luoghi fisici situati nel territorio dello Stato, al cui interno la merce (nazionale, comunitaria o proveniente da Paesi terzi, quest’ultima solo previa immissione in libera pratica) viene introdotta, depositata e successivamente estratta; l’introduzione nel deposito consente il differimento dell’IVA al momento dell’estrazione del bene, tramite applicazione del reverse charge.
Le merci si considerano introdotte nel deposito IVA quando si riscontra l’entrata materiale del bene all’interno del deposito, inteso come luogo fisico nel quale vengono svolte le funzioni di custodia e stoccaggio, che giustificano la presenza stessa del contratto di deposito; unica eccezione è rappresentata dall’art. 50 bis, comma 4, lett. h), per il quale le prestazioni di servizi territorialmente rilevanti nel territorio dello Stato, comprese le prestazioni di perfezionamento e le manipolazioni usuali (operazioni dirette alla trasformazione o conservazione dei beni), possono essere svolte anche in locali limitrofi ai depositi, senza tempi minimi di giacenza né obbligo di scarico dal mezzo di trasporto, ad esempio un container (si veda la norma interpretativa contenuta nella Legge n.2/2009, così come modificata dall’art. 34, co. 44, della Legge n.221/2012).
Con il termine limitrofo s’intende un locale contiguo al deposito, ad esso funzionalmente e logisticamente collegato, facente parte del complesso aziendale gestito dal depositario. Al momento dell’estrazione dei beni dal deposito IVA occorrerà tener conto anche del valore delle suddette prestazioni di servizi, oltre che del corrispettivo della cessione dei beni, per la determinazione della base imponibile su cui assolvere l’imposta.
La possibilità di differire il pagamento del tributo al momento dell’estrazione dei beni dal deposito, nel caso in cui le merci vengano gestite dal depositario e custodite in locali limitrofi al deposito stesso, per essere oggetto di prestazioni di servizi, rappresenta una fattispecie specifica disciplinata dalla Legge n. 2/2009: la stessa non ha disposto l’introduzione di una regola generale per la quale i beni possono considerarsi in regime di deposito a prescindere dalla loro introduzione materiale all’interno dello stesso. Pertanto è confermato l’obbligo di introdurre materialmente all'interno del deposito IVA i beni che non dovranno subire alcuna lavorazione, non essendo sufficiente la mera introduzione contabile degli stessi tramite annotazione negli appositi registri tenuti dal depositario, ai sensi dell'art. 50 bis, co. 3 del DL 331/1993.
A tal proposito la Circolare 12/E si uniforma al parere espresso dalla Corte Ue nella sentenza del 17 luglio 2014 per la causa C-272/13, già analizzata dall'Agenzia delle dogane con la Circolare n. 16/D del 20 ottobre 2014: in ottemperanza alle conclusioni della citata sentenza della Corte Ue, l'Agenzia ritiene che in assenza di un tentativo di evasione, l'operatore che abbia utilizzato il deposito senza introdurvi materialmente i beni (deposito virtuale), ma abbia correttamente svolto gli adempimenti contabili legati alla gestione dello stesso (estrazione “contabile” del bene e assolvimento dell'imposta tramite reverse charge), possa essere sanzionato per la sola violazione di natura formale.
Modalità di estrazione dei beni dal deposito IVA. L'estrazione dal deposito può essere compiuta solo da soggetti passivi IVA identificati in Italia (direttamente o tramite rappresentante fiscale) o dotati di stabile organizzazione nel territorio dello Stato. L'estrazione dei beni dal deposito IVA potrà dar luogo a:
- Cessioni intracomunitarie – il cedente residente emette fattura non imponibile ai sensi dell’art. 41 del DL 331/1993, adempie ai conseguenti obblighi contabili e presenta il Modello Intra-1bis;
- Cessioni all'esportazione – il cedente residente emette fattura non imponibile ai sensi dell’art. 8, co. 1, let. a) (trasporto a cura o a nome del cedente) oppure let. b) (trasporto a cura o a nome del cessionario non residente) del DPR 633/1972;
- Cessioni interne – l’estrazione dei beni avviene per l’utilizzo o la commercializzazione degli stessi nel territorio dello Stato, l’imposta è assolta dal proprietario della merce che procede in proprio o tramite terzi all’estrazione dei beni tramite reverse charge: il cessionario integra il documento relativo all’acquisto effettuato prima di procedere all’estrazione (ovvero in mancanza dello stesso emette autofattura) provvedendo a determinare la base imponibile su cui applicare la relativa imposta. Tale base imponibile è costituita dal corrispettivo sul quale non è stata assolta l’imposta in occasione dell’introduzione nel deposito IVA; se i beni durante la loro giacenza, sono stati oggetto di una o più cessioni, la base imponibile sarà costituita dal valore dell’ultima transazione, aumentato del corrispettivo delle eventuali prestazioni di servizi, se territorialmente rilevanti.
L'Agenzia precisa che nel caso in cui il cedente dell'operazione sia un soggetto non residente non identificato ai fini IVA in Italia, i relativi adempimenti connessi all'estrazione di beni potranno essere svolti dal depositario in qualità di rappresentante fiscale “leggero”, sia per le operazioni aventi natura intracomunitaria che extracomunitaria.