La società che gestisce magazzini di import-export non può godere dell'esenzione IVA
Nel caso in esame l'Agenzia delle Entrate aveva spiccato avviso di accertamento nei confronti di una società che gestiva i magazzini per l'import e l'export, fornendo servizi di pulizia e affitto locali, al fine di rettificare l'IVA, l'IRPEG e l'IRAP che la società non aveva versato avvalendosi dell'esenzione.
La società propone ricorso e sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Commissione Tributaria Regionale accolgono il ricorso: in particolare i giudici di secondo grado ritengono che "l'attività svolta dalla contribuente rientra tra tutte le operazioni e prestazioni inerenti all'esportazione ed importazione di beni e servizi "latu sensu".
L'Agenzie delle Entrate ricorre per Cassazione, la quale con la sentenza n. 2697 del 6 febbraio 2014 accoglie il ricorso affermando che l’agevolazione fiscale è ammessa solo in relazione alle attività di consegna della merce comunitaria in senso stretto.
Premettendo che l'agevolazione riguarda solo l'IVA e non le imposte dirette quali IRPEG e IRAP, la Corte di Cassazione ricorda che "in tema di depositi fiscali ai fini Iva, previsti dall’articolo 50 bis del Dl 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, nella legge 29 ottobre 1993, n. 427, l’esenzione dall’Iva all’importazione per l’ammissione in libera pratica di beni non comunitari, presuppone l’effettivo immagazzinamento della merce, essendo la materialità del deposito, anche se non esplicitamente prevista dalla norma, insita nella stessa nozione civilistica del termine, e richiesta dalla corrispondente disciplina comunitaria (artt. 98-110 del Regolamento Cee n. 2913/92 del Consiglio del 12 ottobre 1992, istitutivo del codice doganale comunitario, applicabile "ratione temporis"), con la conseguenza che, in mancanza di tale presupposto, l’Iva all’importazione è dovuta, in via solidale, da tutti i soggetti che abbiano concorso all’irregolare introduzione della merce compreso il gestore del deposito, il quale è responsabile a tale titolo, a prescindere dal fatto che l’articolo 50 bis lo renda comunque responsabile del mancato assolvimento dell’Iva interna".
La società in oggetto gestiva i depositi e questo tipo di attività, non costituendo operazione di import-export in senso stretto, "non può sfuggire all'imposizione".