Ricerca & sviluppo: quando un contributo diventa una trappola
Il legislatore ha iniziato a capire che più che un contributo ed uno stimolo alle imprese ad investire nel miglioramento della proprie capacità produttive o della loro offerta di prodotti e servizi è – almeno fino all’anno 2017 – una vera e propria trappola per i contribuenti.
Infatti, stiamo parlando di un contributo applicabile sin dall’esercizio 2014 e – con diverse rimodulazioni – ancora disponibile.
Non possiamo non ricordare che il tutto nasce con l’art. 3, comma 1, del D.L. 23 dicembre 2013, n. 145 che ha riconosciuto a tutte le imprese che – indipendentemente dalla natura giuridica, dal settore economico in cui operano, dal regime contabile adottato, nonché dalle dimensioni aziendali – effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31/12/2014 un credito d’imposta nella misura del 25% (originale) fino ai giorni nostri dove la misura oscilla dal 10% al 20% in base all’oggetto delle attività.
Ma la spinta – prontamente colta da moltissime imprese – è stata gelata dalle interpretazioni che solo negli anni successivi sono giunte, modificando di fatto l’ambito applicativo semplicemente comprensibile dalla lettura della norma.
Non solo da parte dell’Agenzia delle Entrate, ma grazie anche al Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, il 27 maggio 2015, sono state adottate le disposizioni applicative dell’agevolazione. Ma poi progressivamente interpretate in modo restrittivo dalla Circolare ADE. n. 5/E del 16 marzo 2016 e con successiva n. 13/E del 27 aprile 2017.
Certamente, hanno finalmente fornito i chiarimenti di una norma entrata in vigore 2 anni prima, ma anche messo in fuorigioco tutte quelle imprese che hanno interpretato la attività Ricerca & Sviluppo spinta al miglioramento e intervento non ordinario per migliorare processi prodotti e servizi.
Ma con la grande colpa di non conoscere o essere ispirati dalla comunicazione della Commissione 2014/Ce 198/01 del 27 giugno 2014, (“Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”), come mutuate dai principi del “Manuale di Frascati” dell’Ocse, che, ora, rappresentano la base interpretativa di riferimento anche del credito d’imposta previsto dal legislatore italiano.
E da qui accertamenti per il recupero del credito di imposta con le pesanti sanzioni gravanti su tale fattispecie.
E ora? Dopo anni di evidenza e spinta di categorie professionali e imprenditoriali, il legislatore si è accorto che era necessario intraprendere una strada di disinnesco della trappola risultante dall’azione congiunta ADE e MISE.
L’art 5 commi 7 e seguenti del DL 146 del 21/10/2021 infatti introduce la disposizione che fornisce una via d’uscita alle imprese messe in difficoltà da quanto sopra esposto. SI dispone infatti che “…. I soggetti che alla data di entrata in vigore del presente decreto hanno utilizzato in compensazione il credito d'imposta per investimenti in attivita' di ricerca e sviluppo di cui all'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, maturato a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019, possono effettuare il riversamento dell'importo del credito utilizzato, senza applicazione di sanzioni e interessi, alle condizioni e nei termini previsti nei commi seguenti. “
Seguiremo nei prossimi mesi la dinamica del provvedimento, ma una considerazione nasce spontanea: ben venga l’uso della politica fiscale per incentivare comportamenti e azioni ritenuti dal legislatore virtuosi, ma sarebbe ora che gli stessi fossero accompagnati sin dalla loro emanazione definitiva da chiare spiegazioni sulle modalità applicative, preferibilmente non modificabili fino alla prescrizione degli anni fiscali di riferimento.
Proprio per non trasformare il contributo in una trappola.